L’Ultimo Mundial

L’ULTIMO MUNDIAL                                                                                                                                                       regia di Zangardi & Ponziani

soggetto di Tonino Zangardi, sceneggiatura di Angelo Orlando

con la collaborazione di Tonino Zangardi e Antonella Ponziani

Con Alessandro Haber, Angelo Orlando, Armando De Razza, Mario De Candia, Francesca Ponziani, Francesca Prandi, Maurizio Ponziani, Bruno Conti, Luigi Di Biagio, Mino Reitano, Valentina Russo.

 

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L’ULTIMO MUNDIAL (Guida all’interpretazione di un’apparente follia)

Una sera, a casa di un’amica in comune, Antonella Ponziani mi si avvicina e mi dice: «Ho un soggetto per un cortometraggio che voglio dirigere e vorrei che tu scrivessi la sceneggiatura!»

Qualche giorno dopo ci vediamo e mi consegna una paginetta stampata. Era proprio una pagina dove era esposta quest’idea: «Un gruppo di tre amici, parte per la Spagna alla ricerca di Gianantonio Maria Casarotti, abbandonato vent’anni prima, durante i mondiali del 1982».

Era il 1998. L’Italia era stata appena eliminata ai rigori dalla Francia. Il rigore di Di Biagio era ancora una ferita che bruciava. L’occasione per esorcizzare e per una riflessione sul mundial era troppo ghiotta. Pensai che dopotutto, scrivere un cortometraggio non mi avrebbe portato via tanto tempo.

Scrissi la sceneggiatura rapidamente e mi divertii tantissimo a scriverla. Ridevo da solo. Immaginai questo viaggio dei tre come una sorta di riscatto per aver abbandonato l’amico, impazzito dalla gioia dopo la vittoria dell’Italia nella famosa finale al Santiago Bernabeu del 1982, contro la Germania.

Al grido di «Fuerza Italia», Gianantonio Maria Casarotti, esulta talmente tanto da perdere il senno e impazzendo, comincia ad andare in un’escandescenza sempre più violenta e folle: spacca bottiglie in testa alla gente, prende a calci gli amici e grida fino a farsi uscire gli occhi di fuori. Poi scappa e corre per la landa spagnola, come un novello Don Quijote de La Mancha, agitando la bandiera italiana come una lancia, lottando contro i suoi mulini a vento.

La storia comincia dopo il rigore fallito da Di Biagio contro i francesi. La delusione dei tre amici, si trasforma in disperazione, fino a rivelare il senso di colpa per aver abbandonato il povero Casarotti.

Qui la frase chiave è: «Lo spirito del Mundial è entrato in lui e se lo è portato via. Se non lo ritroviamo, non vinceremo mai più un mondiale di calcio!»

E così i tre amici partono alla sua ricerca.

Durante questo percorso succederanno cose al limite del surreale che riveleranno loro, attraverso racconti e incontri con personaggi improbabili, sfide all’ultimo rigore, scopriranno cosa successe davvero al loro amico.

L’Ultimo Mundial era tutto qui. Girammo il cortometraggio nella primavera del 1998. Tutti gli attori lo fecero gratis, senza prendere compensi. Antonella chiamò a co-dirigere il suo compagno di allora, il regista Tonino Zangardi che era anche l’autore del soggetto. Nel giro di una settimana il corto era fatto. E forse tutto avrebbe dovuto fermarsi lì, ma il problema fu che ad ogni proiezione c’era qualcuno che si sentiva male dal troppo ridere. Mezzora di risate continue. Non so come, il corto giunse sulla scrivania di Fulvio Lucisano che lo fece vedere in Rai. Anche in quella sede, ottenne lo stesso successo. Mi arrivò ben presto la commissione per scrivere il seguito.

Quello che successe fu che quel corto diventò un lungo.

E chissà…

A distanza di tanti anni, L’Ultimo Mundial va rivalutato. Credo ci sia dietro qualcosa che è molto di più di una semplice «follia italica», come si può leggere da qualche parte sul web. Anche il secondo episodio, il secondo sogno di Casarotti ha qualcosa che lo rende metafora della rappresentazione dell’impossibile. Il gioco dei personaggi, i travestimenti, le fughe e la parodia di un certo tipo di cinema, il tentativo di una commedia surreale, avvicina L’Ultimo Mundial più a un giro fantastico su un ottovolante, dove tutto può succedere, dove il tempo non è lineare, dove i volti cambiano, i personaggi non sono più quello che sono, il femminile si traveste da maschile e viceversa. E così lo spettatore può facilmente perdersi in questa girandola di mutamenti. Il consiglio e l’invito è: «È bello perdersi, perciò, lasciate l’idea di una trama da seguire!»

La trama se c’è va scovata dentro di voi.

Ho imparato tardi a capire che un film aveva una trama. Da piccolo non giudicavo ciò che vedevo col tempo. Ero al di là del tempo. Quello che mi colpiva era l’immagine più che la storia. I volti più che le azioni e il mio sguardo sulle immagini che mi scorrevano davanti.  Credo che bisognerebbe vedere così questo film, senza giudicarlo e attaccarlo per le sue incongruenze, facili da sottolineare. Fidarsi delle immagini e lasciare che queste agiscano nel nostro subconscio. E sono sicuro che un giorno, arriverà qualcuno, forse tra centocinquant’anni e dirà che L’Ultimo Mundial era un capolavoro. Chissà… forse proprio tu che in questo momento, stai gridando: «Fuerza Italiaaaaaaaaa!»