Il giorno dopo

IL GIORNO DOPO

Regia di Angelo Orlando

Sceneggiatura di Alessandro Albanese, Gisella Di Palma, Francesco Dosia, Angelo Orlando

 

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DUE PAROLE SU…

… questo lavoro.

Il Giorno Dopo nasce come un’esercitazione sul tema della «Paura».

Lo abbiamo scritto e confezionato in un periodo abbastanza intenso di lavoro nell’autunno-inverno del 2008. Le riprese sono durate all’incirca quattro giorni. Ci hanno aiutato diversi amici del gruppo dell’associazione La Teca di Roma che ci hanno messo a disposizione il loro tempo e le loro case.

Con gli altri tre sceneggiatori ci siamo divisi i compiti. Ognuno di noi doveva pensare a una storia, seguire un personaggio in una sua paura. L’idea era vedere ogni personaggio in un suo monologo interiore e poi legare tutto attraverso un montaggio di scene alternato. Lo scopo era ben preciso: analizzare e affrontare i diversi aspetti di una paura che l’uomo tenta vanamente di nascondere a se stesso: la paura dell’ignoto, dell’inatteso e della morte.

Dopo diverse riunioni, avevamo quattro percorsi, quattro tipi di paure differenti tra loro. Di queste quattro storie, ne scartammo una, non quella che ci sembrava più debole, ma quella che ci accorgemmo era più facile eliminare per accorpare le altre tre in unico cortometraggio che avesse un filo conduttore.

Così nacque questo corto.

Ecco qui in breve, la descrizione che scrivemmo prima di ricomporre la sceneggiatura in unico blocco.

Tre uomini, e il filo della paura.

Il primo uomo si trova in un appartamento: vede, sente qualcosa legata alla percezione di una presenza estranea. È la paura che proviene dall’esterno e che genera tensione all’interno.

L’uomo si aggira all’interno di questo appartamento alla ricerca di questa presenza. Sente rumori, suoni che lo fanno muovere con circospezione. È vestito bene, pronto per uscire, ma in faccia ha ancora una guancia coperta dalla schiuma da barba.

A un certo punto. la tensione si spezza. Era solo un gioco. Un agguato che l’uomo tendeva al gatto della sua fidanzata. L’uomo gioca col felino fino all’attimo in cui lo squillo di un campanello lo fa voltare di scatto verso la porta di casa.

L’uomo va ad aprire e sulla soglia c’è una donna. Il suo viso è impassibile. L’unica esitazione ce l’ha nel vedere che chi gli ha aperto, non è ancora pronto per uscire.

«Stai ancora così?»

Il secondo uomo è appena morto. Conosce la paura perché forse la morte gli ha svelato il segreto.

L’uomo si confronta con amici e parenti che vegliano il suo corpo nel giorno seguente la sua dipartita. Va loro vicino, gli sussurra parole d’affetto, li tocca, quasi li vorrebbe rassicurare che ora sta bene. Vorrebbe dire anche alla sua ex fidanzata che quella mattina del suo primo giorno da morto, incontra su un ponte di Roma: “Non ti preoccupare. La paura che avevo di perderti ora non c’è più…” Nulla è più importante tranne che l’attimo prolungato di una strana consapevolezza: niente ha più valore. Nessun tradimento, nessun desiderio, nessuna emozione umana.

Tutto è oltre, come un giorno che è appena passato.

Nessuno lo vede. La tristezza sul volto degli altri lo incoraggia a rivivere tutti quei momenti in cui la paura lo aveva bloccato nell’affrontare una situazione o addirittura nel fare delle cose che avrebbe tanto voluto fare. La paura, regina di ogni emozione, azione o pensiero della vita degli umani, si dissolve al semplice contatto della tenerezza della sua affermazione: “Mi piacerebbe nascere di nuovo…”

Il solo pensiero però, lo blocca di nuovo. Un cancello gli si materializza davanti, quasi come a voler affermare che la paura di ciò che non si conosce è l’unica realtà.

Quella stessa paura che forse gli fa dire:

“… che peccato che abbia così tanta paura di farlo davvero”.

Il terzo uomo è un amico, forse fratello, legato da lui da affetto, amore, non si sa bene, ma non è importante saperlo. È da solo con se stesso. La sua più grande paura è la paura ora è affrontare la morte di una persona cara. Chissà… i legami forti a volte, rendono anche prigionieri. Lasciar andare è sempre difficile.

Se ne sta da solo, chiuso in una stanza della casa dove si vegliano le spoglie dell’amico. I pensieri lo attanagliano. Non ha il coraggio neanche di entrare nella stanza funebre. Nell’attimo in cui il coraggio gli torna, la porta dietro di lui si apre. L’amico è di fronte a lui che lo guarda con un sorriso.

“Niente muore”

Gli sussurra. E anche se queste parole lui non le sente, qualcosa dentro di lui accade. Un sussurro, un soffio di vento che gli infonde coraggio. L’uomo si guarda nello specchio come se vedesse l’immagine dell’amico. E solo allora, in quell’istante, sorride.

Sono passati diversi anni ma, il ricordo è ancora vivo. Credo che sia stata per il nostro gruppetto un’esperienza importante. Io, Alessandro, Gisella e Francesco abbiamo in pratica svolto tutti i ruoli sul set. Era un corto senza troupe, molto artigianale. Chiamammo il nostro amico Gianni Testi, che ci diede una mano sulle luci, giusto per evitare di fare errori grossolani. Girammo con una Sony’s DCR, una handycam che ci dava una scioltezza nelle riprese, ma nello stesso tempo, eravamo sempre sul filo di una qualità che era a rischio. Rivedendo il cortometraggio, non riesco ancora a credere del buon risultato che abbiamo ottenuto. Non abbiamo mai fatto una pulizia del suono, né abbiamo colorato le immagini in post-produzione. Il «Giorno Dopo» è un corto con stile decisamente amatoriale, ma girato con passione e grande coinvolgimento. L’anteprima del cortometraggio avvenne a gennaio del 2009 all’hotel di Villa Cagnola,  a Gazzada Shianno (VA). di fronte a un centinaio di persone coinvolte da un’emozione palpabile e sincera. Alla fine ci fu un lungo applauso e quando si accesero le luci, mi sorpresi nel vedere che qualcuno si stava asciugando le lacrime dal viso.