Panni Sporchi

GLI SCHERZI DI UN REGISTA

Ogni volta che lo vedevo, sentivo il sorriso del cuore. È che per quest’uomo io avevo una vera venerazione. E non lo so neanche il perché. Dico… non è che ho amato tutti i suoi film, anzi, ce ne sono alcuni che non mi sono piaciuti affatto, ma a me Monicelli piaceva proprio come persona. Forse rappresentava l’archetipo del nonno interiore: artista burbero, proiezione di chissà quale immagine di me.
Quando vivevo a Roma e lo incontravo spesso per caso, per strada, sull’autobus (sì anche sull’autobus l’ho incontrato), ad un bar, in un ristorante, ero felice.
Ho sempre pensato che prima o poi ci avrei lavorato. E così fu. Un giorno mi squilla il telefono e il mio agente mi dice che Monicelli mi vuole incontrare. Mi disse anche che però mi voleva incontrare subito. «Ha detto che ti vuole vedere prima di darti il ruolo». Presi un taxi per fare in fretta. Quando scesi dall’auto mi accorsi di non avere soldi, dissi all’autista di aspettare, salii in produzione e mi feci prestare diecimila lire per pagare il taxi. Poi mi portarono subito dal maestro. Avevo un cappello, una coppola che mi ero tolto prima di entrare nella stanza. Monicelli appena mi vide, sembrò quasi sorpreso. Restò qualche secondo a fissarmi, poi serissimo, mi disse: «Ah sei tu… e allora?» Io rimasi un po’ sorpreso e balbettai qualcosa del tipo: «Non so, mi hanno chiamato e mi hanno detto che lei voleva vedermi…» Monicelli mi rispose quasi un po’ scocciato.
«Bene, ti ho visto. Vai bene!»
«Vado bene?»
«Sì vai bene.»
Poi mi disse di mettermi quel cappello in testa. Lo misi. Mi disse di toglierlo e di darglielo. Se lo mise lui in testa e mi disse: «Puoi andare!»

Un pensiero per il caro Monicelli.
Avevo già scritto di qualche episodio su questo film.
Me ne fece passare di tutti i colori su quel set.
La mattina prima di andare a girare la prima scena avevo la tachicardia.

Una volta mi rifilò uno schiaffone all’improvviso, dietro la nuca perché mi dovevo fermare nell’esatta posizione che mi aveva indicato. Io mi ero messo leggermente di profilo, per prendere di tre quarti la camera (trucchetti inutili da giovane guitto).
«Se non ti metti come dico io ti faccio fare tutto il film di spalle!»
Mi disse.
E poi, il famoso pugno che mi doveva dare Gianni Morandi. Lì, in quella scena del matrimonio.
Gianni Morandi doveva darmi un pugno, sì. Mi doveva solo sfiorare. Classico pugno cinematografico.
La perfetta coordinazione tra chi dà e chi riceve.
Io poi dovevo volare su un tavolo pieno di bicchieri.
C’era questo tavolo e c’era una piramide di bicchieri posti uno sopra l’altro.
Non ero tanto preoccupato per le manone di Gianni Morandi a me preoccupava parecchio il volo sul tavolo pieno di bicchieri.
«Non ti preoccupare, la facciamo in due inquadrature questa scena!»
Così mi rassicurò. Dicendomi che non dovevo volare davvero sul tavolo perché ci sarebbe stato un taglio su un’altra inquadratura stretta, dove si sarebbe girato questo volo e il tavolo poi, lo avrebbero accuratamente preparato per accogliermi.
«Tu basta che voli e cadi leggermente sul tavolo, appoggiati bene però, così poi posso attaccare l’altra inquadratura.»
Questo mi disse.
«Azione!»
E così faccio. La mano di Gianni Morandi mi sfiora, volo verso il tavolo appoggiandomi con tutto il mio peso.
Il tavolo cede di schianto. Finisco in mezzo a un trionfo di bicchieri che esplodono all’unisono. La catastrofe.
«Che è successo? » Chiedo, completamente sommerso di pezzi di vetro.
Mi sentii molto in colpa. Pensai: «Madonna che ho combinato. Ora dovranno ricomporre tutto il tavolo e tutti quei bicchieri rotti. Per colpa mia…»
Vidi Monicelli che quasi esultando disse: «Buona!»
Poi aggiunse di cominciare a preparare un altra scena.
Mentre qualcuno mi aiutava ad estrarre le schegge dalle mani, ripetevo: «Scusatemi… non so che è successo, il tavolo ha ceduto…» Fu il truccatore che ridendo mi disse: «Aoh… ma ancora non l’hai capito?»
«Capito che?»
«Monicelli voleva er totale!»
«Il totale?»
«E certo… t’ha fatto sega’ le gambe al tavolo!»
Restai di sasso. Non mi aveva detto niente. Cinema verità. La verità in un’unica inquadratura.
Amore per il cinema. Monicelli mon amour.

Mazzini Morandi

I PANNI SPORCHI
Regia di Mario Monicelli
Soggetto di Suso Cecchi D’Amico, Mario Monicelli
Sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico, Masolino D’Amico, Margherita D’Amico, Mario Monicelli
Produttore Giovanni Di Clemente
Fotografia Stefano Coletta

Manifesto Panni Sperchi

Ginko

INTERPRETI E PERSONAGGI
Gigi Proietti: Prof. Rodolfo Melchiorri
Paolo Bonacelli: Amedeo
Marina Confalone: Lina
Alessandro Haber: Genesio
Benedetta Mazzini: Tiziana
Mariangela Melato: Cinzia
Ornella Muti: Bruna
Michele Placido: Furio
Pia Velsi: Zia Isolina
Gianfranco Barra: Don Paolo
Roberto Della Casa: Rubattini
Francesco Guzzo: Camillo
Gianfelice Imparato: Avv. Pierattoni
Cristiana Liguori: Signora Pierattoni
Mimma Lovoi: Fosca
Paolo Lombardi: Dottor Collodi
Maria Gangale: Signora Collodi
Alessandro Nuccio: Carlino
Angelo Orlando: Ginko
Elisabetta Perotto: Giada
Kassandra Voyagis: Fiore
Mia Benedetta: Una collega di Rubattini
Vittorio Benedetti: Barman
Nicoletta Boris: Samantha
Roberto Corbiletto: Direttore della banca
Luca Di Girolamo: Trimalcione
Francesco Gabbrielli: Andrea
Marisol Gabbrielli: Signora Mari
Maria Grandi: Righetta
Luciano Luminelli: Amministratore
Cristina Maccà: Amica di Bruna
Jessica Mazzanti: Simona
Mamadou Oumar Ba: Portiere dell’albergo delle terme
Gianni Morandi: Se stesso