Bassa Padana: il contemplativo e sognatore Ivo Salvini, sente le voci dai pozzi quando la luna li illumina ed è alla ricerca del femminile. Incontra in questa sua ricerca vari personaggi un po’ folli, tra cui l’ex prefetto del paese Gonella, che si sente perseguitato da strane congiure. Solo loro due, per amore o per angoscia, sanno «ascoltare» il silenzio della notte.
L’ultimo film di Fellini. Dal romanzo «Il poema dei lunatici» di Ermanno Cavazzoni.
FELLINI, LA LUNA E NUOVI RICORDI
Dopo qualche mese cominciarono le riprese della “Voce della Luna” e in un certo senso, la mia vita non fu più la stessa. Fellini mi voleva spesso con lui anche quando sul piano di lavorazione non c’era il mio personaggio. Mi chiamava: “Angelino…” e a volte, mi portava a pranzo in un ristorante vicino agli studi. Credo mi volesse bene e più volte mi rassicurava sul lavoro che stavo facendo.
IL SILENZIOSO CANTO DEL CIGNO
Nel 1990 esce, tra le solite fatiche produttive, La Voce della Luna che rappresenta una sorta di testamento spirituale, poiché da lì al 31 ottobre 1993, data della sua morte, Federico Fellini girerà, suo malgrado, solo qualche pubblicità.
Qui siamo proprio nel buio e campane a morto risuonano dall’inizio alla fine del film.
La follia ci fa sentire voci che ci chiamano (qualche psichiatra azzarderebbe la diagnosi di schizofrenia) e Ivo Salvini (un perfetto Roberto Benigni) sente la voce della luna nel pozzo.
La follia ci fa vedere complotti ovunque e nemici dappertutto (qualche psichiatra parlerebbe di sindrome paranoide) e Il prefetto Gonnella (un altrettanto convincente Paolo Villaggio) si aggira solitario per il Borgo cercando microfoni e telecamere nascoste, sentendosi seguito e braccato. Due pazzi, due lunatici che sembrano risolvere a modo loro il conflitto con la realtà circostante, impregnata di un acre odore di morte, di volgari guardoni che ormai possono solo masturbarsi, mercificando i contorsionismi della giunonica di turno. Una realtà sempre più invasa dal mostro televisivo (c’è una immagine di Silvio Berlusconi arbitro accanto alla squadra del Milan che è un funesto presagio), dalla volgarità della gnoccata, dai talk show sulla cattura della luna,dalla mercificazione di materiali sacri, dalle urla di venditori imbonitori, dal rumore assordante e fonte di confusione.
E la musica? Ogni tanto qualche squarcio di eternità, quattro note capaci di far muovere gli oggetti, un momento di lucidità in un ballo di valzer (di Strauss) a ricordare un amore che non c’è più. Poi di nuovo il rumore assordante che copre i grandi interrogativi della vita, inestricabili. Ci sarà un foro per passare dall’altra parte? Tutti questi morti, dove stanno? Il fuoco quando si spegne, dove va? Cosa ci faccio in questo mondo?
Siamo partiti con Schopenhauer adesso ci ritroviamo con Leopardi e Collodi. Un pessimismo cosmico che in certi tratti è contaminato dalla coscienza di non avere più tempo a disposizione, di vivere su di un piano inclinato con la sensazione perenne di stare per cadere. La scarpetta di Cenerentola va a tutte le donne, non ne esiste una speciale. L’uomo è in ginocchio definitivamente , il suo ballo è patetico, tutto è già stato detto, tutto è già stato rivelato, nulla si sa, tutto si immagina.
Ma la fantasia non è un pozzo senza fondo e adesso dal pozzo tiriamo su la terra.
La luna annuncia la pubblicità ed è come alzare bandiera bianca.
Fellini sembra alzare le braccia al cielo e dire :”Mi arrendo!”. Malgrado certi momenti di intatto talento visionario, la stanchezza sembra prendere il sopravvento, quella luna catturata e gli spari contro di essa sono un concentrato di malinconica stanchezza.
Ivo si ritrova davanti al pozzo dei suoi desideri catturato da voci che non riesce a decifrare.
“Eppure io credo che se ci fosse un po’ di silenzio, se tutti facessimo un po’ di silenzio, forse qualcosa riusciremmo a sentire….”.
Con questa frase si conclude la storia cinematografica di Federico Fellini. Se ci voltiamo indietro vediamo che un percorso enorme è stato compiuto. Un primo blocco narrativo che va dal 1950 (Luci del Varietà) al 1957 (Le Notti di Cabiria).Accessibile, spirituale, a volte moraleggiante, comunque già visionario, molto più vicino a Chaplin che a Jung. La Dolce Vita fa da punto di snodo cruciale e fondamentale. Poi un secondo blocco narrativo che va dalla Dolce Vita fino a Giulietta degli Spiriti (passando per 8 e mezzo) in cui l’autoanalisi psicologica, il seme della disperazione, vengono rappresentati con una trasfigurazione originale. Insomma Jung e Picasso si danno la mano. Un altro film boa fondamentale che è Satyricon (1968). Poi un terzo blocco narrativo che va da Roma fino ad Amarcord in cui la memoria sembra lenire un poco le sofferenze. Infine un quarto e ultimo blocco Scophenaueriano che va da Casanova fino alla Voce della Luna con piccoli tenui raggi di sole rappresentati da Intervista e Prova D’Orchestra.
Fellini lascia la scena dopo aver regalato momenti di eternità, e un modo diverso di vedere le cose.
Federico Fellini esce di scena sulle note della famosa marcetta di Rota in 8 e mezzo e si congeda dal suo mondo di sogno come quel bambino di rimini inghiottito dal buio. Ci saluta come Paoletta nel finale della Dolce Vita:dai Federico, nonostante tutto questo casino attorno, forse qualcosa siamo riusciti a sentire. E questo forse può essere quel raggio di sole consolatorio che tanto cercavi.
(Tratto da filmtv.it, autore Snaporaz 68)
The Voice of the Moon (Italian: La voce della luna) is a 1990 Italian dramatic comedy film directed by Federico Fellini and starring Roberto Benigni, Paolo Villaggio, Angelo Orlando and Nadia Ottaviani. Returning to themes he first explored in La strada (1954), Fellini crafts a parable on the whisperings of the soul that only madmen and vagabonds are capable of hearing. Based on the novel Il poema dei lunatici by Ermano Cavazzoni, the film is about a fake inspector of wells and a former prefect who wander through theEmilia-Romagna countryside of Fellini’s childhood and discover a dystopia of television commercials, fascism, beauty pageants, rock music, Catholicism, and pagan ritual.
The film received David di Donatello Awards for Best Actor, Best Editing, and Best Production Design, and nominations for Best Director, Best Film, Best Cinematography, Best Music, and Best Producer.[2] The Voice of the Moon was Fellini’s last film before his death in 1993.
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